Con la mezza di Busto il mio calendario autunnale sulla distanza avrebbe dovuto dichiararsi concluso. Il finale della gara mi aveva però lasciato qualche dubbio su uno stato di forma in crescita nell’ultimo mese quindi, piuttosto che passare l’inverno a recriminare su un eventuale risultato cronometrico non raccolto, ho deciso di passare al setaccio gli appuntamenti disponibili e questa maratonina faceva proprio al mio caso.
Pontelagoscuro, paesino a me sconosciuto fino a 10 giorni fa, è una frazione di Ferrara. Mi renderò conto, studiando il percorso nei giorni precedenti la gara, che per un tratto di strada costeggeremo anche le mura della città. Iscrizione su SDAM e scelta fatta.
Una volta al ritrovo, incontro inaspettatamente Gaetano di RunningForum (che non vedevo dalla Run Tune Up del 2014) e procedo con il mio riscaldamento, oggi più che mai importante in quanto i tendini della gamba sinistra all’altezza del ginocchio risentono del carico (probabilmente eccessivo) di gare dell’ultimo mese. Le sensazioni sono discrete, il dolore non è completamente assorbito dopo i 2 giorni di completo stop, ma la testa resta determinata sull’obiettivo.
Qualche minuto dopo le 9.30, dopo una piccola diatriba tra i giudici UISP sul posizionamento corretto del via, si parte. La tattica è quella già ampiamente rodata nelle recenti mezze di Calderara e Busto, con la speranza di riuscire a fare un finale contenendo l’inevitabile calo della seconda parte di gara.
Parto quindi nel gruppo di testa, imponendomi il 4.10 di passo fin fa subito. Dopo i primi 2500 metri di esce dal centro urbano, raggiungendo uno dei punti più belli del percorso: poco meno di un chilometro di sterrato (che non si fa sentire, viste le gambe ancora fresche) immersi nel verde del Parco Urbano. Veramente un bel posto per andare a correre quotidianamente. Al Km 4 il primo lap di giornata mi restituisce un 4.09 di passo, in linea con il pianificato. Al cartello del 6° vedo le mura della città di Ferrara, e mi rendo conto di percorrere un breve tratto esattamente in senso inverso rispetto a quello fatto al 19° Km della mezza del mio PB, 8 mesi prima. Rinfrancato dal ricordo positivo raggiungo il Km 8 sempre a 4.09 di passo medio, con una proiezione al di sotto del mio miglior tempo.
Al km 9 perdo qualche secondo al ristoro, dandomi una conferma di come possano essere insidiosi a volte. La giornata è però calda, nonostante il periodo, e un brevissimo sorso d’acqua serve più per la mente che per il fisico. Come prevedibile, la stanchezza inizia a farsi sentire, ma la testa resta concentrata sulla gara e continuo a spingere, sperando di non pagare nel finale tutta la fatica. Fino al Km 13 le proiezioni mi danno forza per non calare nell’azione di spinta.
Il tratto successivo presenta il primo conto di giornata: un leggero vento contrario, e lo stomaco dolorante rendono più difficile la corsa, e il passo si alza leggermente anche se giro comunque al Km 16 con un tempo intorno all’89. Quello che mi preoccupa è però il vero punto ostico del percorso: durante il 17° chilometro, si sale sull’argine del Po, con una salita che mi è stata descritta come “breve ascesa di 150 metri”. A lato pratico la breve ascesa è un cambio secco di pendenza che porta a fare un dislivello di quasi 10 metri in pochissimo tempo. Decido di non attaccare deciso, ma di salire invece tranquillo, rendendomi conto una volta in cima che il problema non consiste nella salita in sé, ma più che altro nella successiva ripartenza. Le gambe non riescono a riprendere il ritmo di 1 minuto prima, provo a spingere e rilanciare, ma non c’è una risposta positiva dal fisico. Saranno i 3 chilometri (17-18-19) peggiori della mia gara, dove anzichè guadagnare i 30″ che mi avrebbero portato in zona PB mi ritrovo a perderne altrettanti.
Fortunatamente riesco a riprendere ritmo negli ultimi 2 chilometri, quando la testa della corsa femminile mi affianca e con lei un manipolo di accompagnatori, sia di corsa che in bicicletta. Si entra in paese, vedo l’alto campanile della Piazza che ospita l’arrivo, ma restano ancora 3 cambi di direzione prima del traguardo. La poca lucidità rende difficoltoso ogni calcolo, non so se sarò in grado di restare sotto i 90′ visto il tempo perso sull’argine, invece arriva il cronometro ufficiale che recita 1.29.36, dopotutto non male, considerata la difficoltà. Il chilometro finale a 4.16 di passo ha evitato il peggio.
Quali conclusioni trarre? Ho scelto di fare un’altra mezza per testare la curva del mio stato di forma, e ho ricevuto una risposta ben chiara: a Busto ho dato il massimo che avevo a disposizione. E’ comunque soddisfacente aver raccolto tre ottimi tempi (1.29 1.28 1.29) in 4 settimane, e se aggiungo anche l’1.30 di Pisa il quadro della mia stagione autunnale non può essere che positivo, anche in assenza di PB.